25 Aprile

25 APRILE 2021
nel secondo anno di pandemia


Celebrazione 75° anniversario festa della Liberazione
Pubblicato il 25 aprile 2020 •  Comune di Chivasso
Corone ed fiori sono stati deposti in tutti i monumenti della città ed, in mattinata, il Sindaco e il Presidente dell'ANPI deporranno le corone al monumento dei Caduti di tutte le guerre e al Monumento ai Caduti per la Libertà, per ricordare quanti hanno dato la propria vita per la libertà della nostra Nazione.
Il testo del discorso del Sindaco e del Presidente ANPI link 
Servizio Informazione










INCONTRI di FORMAZIONE in vista del 25 APRILE

Chivasso, 14 e 18 Aprile 2017(sala del Centro Incontri I Care - ex convento cappuccini)
La repressione del dissenso, il fascismo diventa regime Il razzismo coloniale e l'antisemitismo - relatori Mario Renosio e Nicoletta Fasano

L'8 settembre, la scelta partigiana, le resistenze e le caratteristiche legate ai vari territori e l'immediato dopoguerra relatore Mario Renosio La Repubblica sociale italiana, il rapporto con l'occupante tedesco, la repressione (deportazione, rastrellamenti, violenza) relatrice Nicoletta Fasano
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25 APRILE - FESTA della LIBERAZIONE
Chivasso - 25 aprile 2013  -  Intervento ufficiale Anpi


Siamo qui non per celebrare un rito, ne' per una consuetudine, nemmeno per ricordare    una semplice data,  ma molto di più, è un momento particolarmente importante della storia del nostro Paese, per un profondo senso di riconoscenza nei confronti di coloro che hanno consegnato il Paese alla liberta', per una riflessione sulle radici della nostra democrazia, per un forte convincimento etico e morale, per un dovere civile e istituzionale.
la Resistenza e la Liberazione.
La Resistenza non è stata solo una lotta contro qualcosa che doveva finire (il fascismo ed il Nazismo) ma anche “per qualcosa che stava per cominciare”: la Costituzione.
Viviamo un momento di crisi gravissima per il nostro Paese: una pesante recessione economica, disoccupazione a livelli inaccettabili. Alcuni gesti estremi che le cronache ci presentano in questi giorni non possono non colpirci nel profondo e preoccuparci.
Scenario sociale e politico contrassegnato da forte caduta dei valori, da corruzione diffusa, da rabbia estesa che lascia sovente spazi al populismo e all’autoritarismo. Uno scenario grave e pericoloso per la nostra democrazia anche alla luce dei più recenti avvenimenti post elettorali, quali la mancata costituzione di un governo e la nomina travagliata del Presidente della Repubblica.
Diffusione di espressioni del neofascismo e del neonazismo in Europa (Grecia e Ungheria) ma anche in Italia.
Dobbiamo riuscire, per dare un significato alla nostra presenza oggi, ad accomunare un momento di: memoria, ringraziamento e impegno contro l’indifferenza
Iniziamo dall’importanza di conservare la memoria di quei giorni per evitare che il tempo affievolisca il ricordo.
La storia: la nascita del fascismo, la dittatura, l’adesione acritica ed entusiastica di molti italiani al fascismo, l’ottundimento delle coscienze, le adunate oceaniche nelle piazze: non dimenticare perché il populismo è sempre in agguato. E poi la guerra, i bombardamenti ed i civili che finalmente comprendono che in una guerra “tutti sono destinati a perdere” non solo i militari che muoiono al fronte.
La scelta non facile della Resistenza contro i fascisti ed i nazisti. Conservare la memoria vuol dire rendere onore a quelle donne ed a quegli uomini che si schierarono a rischio della propria vita (e molti la persero) per la democrazia, per la libertà, per la giustizia: in una parola per quei valori che troviamo oggi enunciati nella nostra Costituzione.
Forse, come ha affermato il Presidente emerito Carlo Azeglio Ciampi in un suo recente libro, - non è il mondo che hanno sognato i partigiani ma è sicuramente migliore di quello che hanno vissuto i nostri genitori ed i nostri nonni negli anni del ventennio e della guerra. -  e noi aggiungiamo, che rischia di essere un mondo peggiore per i nostri figli, dal punto di vista delle aspettative e dello stato sociale con tanta difficoltà costruito proprio negli anni che seguirono la Resistenza, ed ora messo in discussione a causa dei diktat imposti dai poteri finanziari.
Alla memoria ed al ringraziamento deve unirsi la riflessione su quei valori che hanno ispirato la Resistenza e che si trovano nella nostra Costituzione che - non per retorica - definiamo “nata dalla Resistenza”.
Ed ecco, per concludere sul significato del 25 aprile, la necessità dell’impegno. Dobbiamo batterci per quei valori con gli strumenti che oggi abbiamo a disposizione, perché le idee e tanto più i valori non si impongono con la violenza.
Il nostro impegno di far conoscere la Costituzione, difenderla e battersi per l’attuazione dei principi contenuti nei suoi articoli.
Penso all’art. 1 che dice che l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. Fondata, e sappiamo cosa accade quando le fondamenta, il lavoro, vengono meno e aprono la strada a pericolose avventure.
 Penso oggi all’art. 36, laddove si afferma che il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e, in ogni caso, sufficiente ad assicurare a sé ed alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.
Ed infine, guardando agli scenari internazionali, lasciatemi ricordare l’art. 11: l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.
Ricordare le parole che Carlo Azeglio Ciampi scrive nel suo libro “”A un giovane italiano”: “Non permettere alla rassegnazione di fermare i tuoi passi; non temere la possibilità di un insuccesso; non imboccare scorciatoie o vie traverse. Non sacrificare la tua dignità”.
Grazie a quelle donne ed a quegli uomini così, oggi siamo liberi di costruire il nostro futuro: ora la responsabilità è nostra.
Il 25 aprile è un giorno di festa e tale deve rimanere (penso a coloro che periodicamente propongono di eliminare questa festività) ma anche di coinvolgimento e di partecipazione contro l’indifferenza, la rassegnazione ed il distacco. Ricordare le parole di Giacomo Ulivi*.  
Memoria e onore alle donne ed agli uomini del 25 Aprile. Viva la Resistenza, viva la Repubblica, viva la Costituzione!
 Vinicio Milani


 Nel libro “Lettere di condannati a morte della resistenza italiana”, a cura di P. Malvezzi e G. Pirelli, Einaudi, Torino 1952,  vi è la "lettera agli amici" di un ragazzo di diciannove anni, Giacomo Ulivi, fucilato nel 1944 a Modena. 
http://www.cosenuove.eu/Ulivi.htm



Chivasso - 25 aprile 2012  -  Intervento ufficiale Anpi

Oggi 25 aprile 2012 siamo ancora una volta qui a ricordare i nostri partigiani – tutti, qualunque fossero le idee che animavano la loro azione, e in molti casi si trattava semplicemente un confuso ma sincero sentimento di ribellione verso la dittatura fascista e l’invasore tedesco – che con il loro coraggio e il loro sacrificio contribuirono a restituirci quello stato democratico che il fascismo aveva trasformato, pur non riuscendovi del tutto, in stato totalitario. Fecero anzi di più: ci “regalarono” forse la più bella e avanzata Costituzione tra quelle che furono scritte nel secondo dopoguerra, e che riscattarono questo paese bellissimo e disgraziato da quel ventennio di errori e di tragedie.
Uno degli ultimi partigiani – Giuseppe Costamagna, “Notu” – se n’è andato qualche giorno fa, senza poter celebrare il suo 68° 25 aprile. Ma noi che restiamo –soprattutto in un momento come questo che stiamo attraversando, segnato da difficoltà economiche senza precedenti, ma ancor più da smarrimento morale e civile, con una classe politica grottesca e corrotta, che ancora non pare rendersi conto davvero della situazione – dobbiamo immaginare di averli ancora al nostro fianco, quei partigiani, e immaginarli al nostro fianco nel pieno delle loro forze, quando avevano vent’anni, come recita il titolo della canzone scritta da Italo Calvino, e si batterono vittoriosamente con poche armi e poca esperienza contro eserciti regolari ben organizzati. Dobbiamo guardare al loro esempio per trovare la forza di continuare a lottare per gli stessi ideali, anche se oggi i nemici non sono più le dittature alle quali Gobetti chiedeva di levare la ghigliottina perché fosse evidente la loro natura, ma quelle forme ben più occulte di dispotismo dell’economia e della finanza e di privilegio di ristrette oligarchie che stanno svuotando dall’interno le nostre democrazie.
Qualcuno penserà forse che quell’eroismo è cosa d’altri tempi, e che oggi non sia più necessario; che queste mie frasi siano buone per la mozione degli affetti, per la retorica resistenziale in cui si è indugiato in molti 25 aprile in cui la situazione del paese appariva, se non proprio florida, sicuramente migliore di quella attuale. Lungi da me proporvi un discorso che metta mano alla retorica d’occasione. Al contrario, vorrei riprendere due passi lontanissimi dalla retorica resistenziale per provare a dire come anche noi, ancora oggi, uomini e donne comuni e non eroi, possiamo riprendere, sia pur in modi diversi, quel filo interrotto, il senso profondo di quella lotta.
Il primo passo è tratto da “Banditi”, il diario partigiano di Pietro Chiodi, un professore di storia e filosofia di Alba. Catturato dalle SS italiane, nell’attesa di essere sottoposto ad interrogatorio, egli si chiede: “Perché mi sono impegnato in questa lotta? Perché sono qui quando tanti più sani e più forti di me vivono tranquilli sfruttando la situazione in ogni modo? Ripenso alla mia vita di studio, al mio lavoro su Heidegger interrotto. Perché ho abbandonato tutto questo? Mi ricordo con precisione: una strada piena di sangue e un carro con quattro cadaveri vicino al Mussotto. Il cantoniere che dice: “E’ meglio morire che sopportare questo”. Avevo sempre odiato il fascismo ma da quel momento avevo sentito che non avrei più potuto vivere in un mondo che accettava qualcosa di simile, fra gente che non insorgeva pazza di furore, contro queste belve”.
Il secondo passo è tratto dal romanzo “I sentieri dei nidi di ragno” di Calvino, scritto in doppia polemica contro la visione ufficiale e agiografica della resistenza e contro i suoi detrattori, che iniziarono la loro opera di denigrazione subito dopo la fine delle ostilità, proprio a mezzo di quella libertà di espressione loro restituita dai partigiani. Così risponde al ben pensante Calvino nella Prefazione al romanzo: “d’accordo, farò come se aveste ragione voi, non rappresenterò i migliori partigiani, ma i peggiori possibili., metterò al centro del mio romanzo un reparto tutto composto di tipi un po’ storti. Ebbene, cosa cambia? Anche in chi si è gettato nella lotta senza un chiaro perché, ha agito un’elementare spinta di riscatto umano, una spinta che li ha resi centomila volte migliori di voi, che li ha fatti diventare forze storiche attive quali voi non potrete mai sognarvi di essere!”
E nel romanzo il personaggio del commissario politico Kim ribadisce: “Una spinta di ricatto umano, elementare, anonimo, da tutte le nostre umiliazioni: per l’operaio dal suo sfruttamento, per il contadino dalla sua ignoranza, per il piccolo borghese dalle sue inibizioni, per il paria dalla sua corruzione. Io credo che il nostro lavoro politico sia questo, utilizzare anche la nostra miseria umana, utilizzarla contro se stessa, per la nostra redenzione, così come i fascisti utilizzano la miseria per perpetuare la miseria, e l’uomo contro l’uomo”.
Questo dovrebbe essere ancora oggi il lavoro politico dei partiti e delle organizzazioni che si richiamano all’antifascismo. Ma che cosa sono oggi i nuovi “fascismi”, nel senso lato di quelle ideologie che continuano a mettere l’uomo contro l’uomo?
Potremmo dire che sono tutte le forme di darwinismo sociale, di violenza strutturale dell’uomo sull’uomo e dell’uomo sull’ambiente – forme che sono ben presenti, purtroppo, nelle nostre democrazie che amiamo definire “avanzate”. Non pretendo di farne in qualche minuto un’analisi, e comunque non è questa l’occasione. Ma, a costo di risultare superficiale e approssimativo, almeno un’ideologia che appartiene alla categoria degli avversari della democrazia la vorrei indicare esplicitamente: il neoliberismo, l’ideologia profonda della globalizzazione economica e finanziaria. Del suo totalizzante credo nella competizione sfrenata e nella crescita illimitata dell’economia diventata una civiltà-mondo, cioè un pensiero unico, e dei suoi effetti devastanti sugli individui in carne o ossa e le comunità reali, così scrive Luciano Gallino: “Nel mentre sottrae ad un numero crescente di persone ogni possibilità di lavoro, appena dopo che intorno al lavoro è stata costituita l’essenza della personalità moderna, la civiltà-mondo [del neoliberismo] dove ogni confine tra economia, politica, cultura e comunità è stato dissolto, produce senza posa giovani dal costume decomposto, adulti rimasti o ricondotti alla stadio infantile, e cittadini che hanno introiettato il vangelo del consumo in luogo delle regole delle democrazia. Sulla circostanza che la sistematica produzione in massa di simili caratteri umani rifletta non un mero mutamento di costumi, bensì una drammatica degradazione della politica, aveva attirato l’attenzione fin dagli anni ’60 Marcuse, descrivendo i tratti dell’ “uomo a una dimensione” , che descrive i suoi sentimenti più profondi, gli affetti come le avversioni, usando i termini degli avvisi pubblicitari”.
E questa lucida follia del neoliberismo e del suo modello di sviluppo produce, nei confronti dell’ambiente, il seguente risultato: “l’impronta ecologica del pianeta toccava già nel 2008 il livello di 1,3. Ciò significa che il nostro pianeta sta consumando, oltre alle proprie, un terzo delle risorse di un altro pianeta, ovvero sta distruggendo ad un ritmo accelerato gli ecosistemi che sostengono la vita”.
Certo, le morti e le vite di pura sofferenza che questa civiltà-mondo genera non sono immediatamente sotto i nostri occhi , come i quattro morti sul carretto che vide Pietro Chiodi e che lo determinarono a lottare contro il nazifascismo. Non sono immediatamente sotto i nostri occhi anche perché preferiamo non vedere. Ma le cifre parlano chiaro: a livello mondiale siamo di nuovo oltre il miliardo di affamati, e la cifra tende a crescere, non a diminuire. E allora quell’elementare spinta verso il riscatto umano, per costruire un’umanità senza più rabbia, serena, come dice ancora Calvino, “in cui si possa non essere cattivi” – un’umanità che possa finalmente vivere sul serio nell’ “età de diritti”, auspicata da Norberto Bobbio, – dev’ essere ancora oggi il rinnovato impegno della cultura antifascista.
Tutti coloro che si considerano antifascisti – ed in particolare coloro che fanno parte dell’ANPI – debbono guardare con simpatia e interesse a quei giovani che hanno oggi vent’anni (all’anagrafe o nello spirito) e che magari possono apparire tipi un po’ storti nelle loro lotte sociali e ambientaliste, come erano “storti” i partigiani raccontati d Calvino, ma che sono sempre centomila volte meglio di benpensanti, indifferenti, conformisti e qualunquisti di ogni età.
Nonostante tuti gli errori e le ingenuità che potranno commettere, i soggetti attivi della storia sono coloro che non riescono a vivere come se nulla fosse le evidenti ingiustizie, le spaventose diseguaglianze che attraversano la nostra società e ancor più il pianeta, e si indignano, e lottano, e anelano ad un mondo in cui si possa non esser necessariamente cattivi e competitivi. O almeno, se non di qualsiasi storia, sono coloro che sanno ribellarsi i soggetti attivi della nostra storia, cioè di quella storia che parte dalla resistenza e ad essa ritorna costantemente come a una forza ispiratrice. Non dimentichiamocelo mai.
Viva la Resistenza, viva il 25 aprile, viva la Costituzione della Repubblica italiana nata dalla Resistenza.
Ermanno Vitale 


Chivasso - 25 aprile 2011  -  Intervento ufficiale Anpi
Cari partigiani e partigiane, cari antifascisti e antifasciste, 

ci troviamo qui in questo luogo perchè oggi è il 25 aprile, la festa della liberazione dell’Italia dal regime nazifascista.
Siamo qui perché sentiamo di avere un dovere irrinunciabile, quello di onorare la memoria di coloro che hanno lottato contro la dittatura, pagando con sofferenze impronunciabili il loro amore per la giustizia e per la libertà.
Oggi la nostra democrazia subisce quotidianamente violenti attacchi da coloro che vogliono riscrivere la storia, da coloro che vogliono farci credere che i morti siano tutti uguali.
Noi oggi vogliamo ribadire che i morti non sono tutti uguali, come spesso si dice. Chi è morto per la libertà di un’intera nazione non ha la stessa dignità di chi gli ha sparato, la vita di un martire vale molto di più di quella del suo carnefice. E’ grazie ai morti di una sola parte che noi oggi abbiamo una democrazia, una repubblica, una costituzione, e ci tocca sottolineare tristemente come la politica attuale non stia solo cercando di far dimenticare quei morti, ma la stessa democrazia e la stessa Costituzione che è nata dal sangue partigiano.
Sono cronaca dell’ultima settimana vari tentativi, da parte di amministrazioni  comunali, di modificare, o, in alcuni casi, bloccare, i festeggiamenti del 25 aprile.
A Carmagnola il sindaco ha vietato di far suonare “Bella Ciao” alla Banda, imponendo l’Inno di  Mameli, Presi singolarmente i casi possono essere considerati piccoli episodi di censura, magari dettati da problemi personali tra gli antifascisti e la giunta, ma ad un occhio attento ecco che si svela un percorso più ampio, una tendenza che negli ultimi anni si sta diffondendo.
Piccole censure, piccoli tagli, piccole osservazioni, diventano un modo d’essere, e questo modo d’essere sembra la copia locale di ciò che continuamente avviene a livello  nazionale.
Perché mai un sindaco dovrebbe vietare di cantare Bella Ciao? Perché si sente legittimato da un Governo che giorno dopo giorno attacca, morsica, scompone tutte le regole di convivenza civile che prima fondavano la Nazione, regole, tra l’altro, sancite dalla Costituzione. Costituzione che, in effetti, è il primo bersaglio di quest’ondata di revisionismo.
La festa della Liberazione che siamo qui a festeggiare, non è la festa delle amministrazioni comunali, è la festa degli antifascisti, dei partigiani, di tutti coloro che hanno creduto che il fascismo fosse un’onta nera da spazzare via. Le amministrazioni comunali partecipano alla ricorrenza, se vogliono, ma certo fino a qualche anno fa non si sarebbero mai permesse di decidere o di contestare il programma. Ora lo fanno perché è tutto possibile, lo fanno perché
è iniziata da qualche anno una sistematica lotta all’antagonista, sia il Partigiano, l’Anpi, la Costituzione, la Magistratura, la Presidenza della Repubblica, o chiunque presti attenzione alle derive dittatoriali che procedono
lentamente ma inesorabilmente.
Ed è per questo che noi oggi non vogliamo solo ricordare il sacrificio dei partigiani, non vogliamo solo dire che senza di loro non ci sarebbe neppure il Sindaco che ha vietato di cantare “Bella Ciao”, ma siamo qui per dire che la lotta continua, anche senza armi, anche senza guerra.
La lotta continua oggi perché sta a noi vigilare, sta a noi denunciare le prevaricazioni, sta a noi ricordare da quale sangue è nata l’Italia che abbiamo oggi,sta a noi ricordare a voce alta in ogni luogo :
Art. 1 - L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.Art. 11 - L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.Art. 17 - I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz'armi. Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso. Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica.Art. 21 - Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.{..}Art. 54 - Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge.
Essere partigiani significa stare da una parte, e stare da un parte significa prendersi le responsabilità di una scelta, comunque vada a finire.
Oggi la nostra democrazia e’ in pericolo e noi dobbiamo difenderla, dobbiamo essere partigiani, opponendo resistenza al tentativo di stracciare la Costituzione opponendo resistenza al tentativo di distruggere la scuola pubblica e al tentativo di far valere la legge e gli interessi del piu’ forte sulla ragione e i diritti dei piu’ deboli.
La politica, soprattutto in periodo di campagna elettorale, spesso parla di rispetto delle regole, di rispetto delle leggi. Ma quali sono queste regole, chi decide quali sono quelle da rispettare e quelle da dimenticare?
L’articolo 13 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo recita: “Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro confini di ogni Stato. Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi Paese, incluso il proprio, e di ritornare al proprio Paese”
L’articolo 15 dice: “ Ogni individuo ha diritto a una cittadinanza. Nessun individuo può essere arbitrariamente privato della sua cittadinanza, né del diritto di mutare cittadinanza.”
Questi sono esempi, ma ci riportano alla situazione attuale, dove migliaia di persone stanno affollando la nostra terra in cerca di diritti che gli sono stati negati nei loro Paesi.
La domanda è rivolta a tutti noi, ma soprattutto agli uomini politici oggi qui presenti:  siamo quindi tutti sicuri che quando si parla di rispetto delle regole, non se ne dimentichi qualcuna?
E’ necessario schiarire la nebbia dell’indifferenza che ci viene  somministrata quotidianamente dai principali mezzi d’informazione.
Dobbiamo riconquistare la capacità di indignarci e di agire!
La lezione ce la spiega bene Stephane Hessel (partigiano e padre costituente), con queste parole: “Quando qualcosa ci indigna, allora diventiamo militanti, forti e impegnati. Abbracciamo un’evoluzione storica e il grande corso della storia continua grazie a ciascuno di noi.”
Ed è per questo che oggi siamo qui, perché vogliamo dirci indignati, di nuovo, ancora, perché vogliamo che il corso della storia continui lontana dai rigurgiti reazionari, perché vogliamo onorare, sempre, la lotta per la liberazione, e tutte le lotte partigiane presenti oggi nel mondo.
Ci piace chiudere con le parole di Sandro Pertini: “Vada la nostra riconoscenza ai fieri partigiani, che, privi di mezzi, armati solo di profondo amore per la libertà e di odio implacabile per il nemico, imponendosi sacrifici di ogni genere, hanno per lunghi mesi tenacemente lottato contro il nazifascismo dimostrando al mondo intero che il popolo italiano non è un popolo di vili e con le sue stesse forze egli vuole risollevarsi dall’abisso in cui è stato gettato dalla criminosa follia fascista.”
Parole, che non dovremmo scordare mai,per capire il presente,per poter parlare di futuro.
Vi auguriamo un buon 25 aprile con le parole di un martire della liberta' dei nostri giorni "Io che non credo alla guerra non voglio essere seppellito sotto nessuna bandiera, semmai voglio essere ricordato per i miei sogni dovessi un giorno morire, fra 100 anni, vorrei che sulla mia lapide fosse scritto quello che diceva Nelson Mandela "Un vincitore e' un sognatore che non ha mai smesso di sognare. Vittorio Arrigoni: un vincitore."
Rosa Pilloni