Diverse sezioni Anpi tra cui Chivasso e Montanaro
insieme ad altre hanno promosso con lo storico Eric Gobetti sul libro “E allora
le Foibe?”, il 3 febbraio, con lo storico Davide Conti che ha presentato il libro
"L'occupazione italiana dei Balcani. Crimini di guerra e mito degli
italiani brava gente", il 7 febbraio e il prossimo 17 febbraio con gli
storici Carlo Greppi e Francesco Filippi su: L'Antifascismo e la Resistenza
partigiana alla prova del "giorno del ricordo" - Come e perché i neofascisti
oggi rialzano la testa. In rete, qualcuno grida che siamo negazionisti.
L'Anpi non è negazionista, ne tanto meno il
sottoscritto e chi lo afferma certamente non sa di cosa sta parlando.
Il primo e vero negazionismo è stato quello delle
destre nei confronti della Resistenza, e della Shoah a partire dal Movimento
sociale italiano fino alle destre di oggi".
Con le iniziative promosse dall’Anpi non si negano le
vicende delle foibe. Questi incontri, attraverso l’aiuto di studiosi, storici e
ricercatori, cercano di comprendere storicamente “le foibe”, mettendole in
relazione alle dinamiche della seconda guerra mondiale (vale a dire
all’occupazione militare della Jugoslavia da parte delle truppe italiane e
tedesche) e alla precedente «nazionalizzazione» forzata delle minoranze slave
da parte della dittatura fascista. Infatti la stessa legge che istituisce il
Giorno del ricordo del 10 febbraio segnala quei fatti come parte di una «più
complessa vicenda del confine orientale>>.
Purtroppo nel nostro Paese la memoria è sempre monca,
si dovrebbe ricordare tutto, non solo quello che ci fa comodo, di certo – per
quel che riguarda il fascismo e il periodo coloniale, anche prefascista – la
gente, le istituzioni e la scuola non ricordano le responsabilità italiane in
stragi e genocidi: dall’Etiopia alla Libia, dalla Somalia (abbiamo ottimi
primati nell’uso dei lager e gas) fino – appunto – ai territori occupati
nell’ex Jugoslavia. Su quest’ultimo fronte, quasi nessuno racconta che quella
ingiustificabile carneficina operata dai titini era stata preceduta dai
massacri compiuti dagli italiani agli ordini di Mussolini.
Quanti hanno mai sentito parlare del campo di concentramento
per internati civili di Arbe (oggi Rab, in Croazia), voluto e gestito dal Regio
esercito italiano tra il luglio ’42 e l’8 settembre ’43, è stato il peggior
luogo di internamento italiano della Seconda guerra mondiale. In circa 15 mesi,
si stima che nel campo siano morte per fame, freddo e malattie circa 1500
persone, tra cui 163 bambini. Complessivamente, per il campo sarebbero passate
almeno 10 mila persone, inclusi vecchi, bambini e donne.
Purtroppo, il mito “italiani brava gente” ci ha
impedito troppo spesso di ragionare su queste cose.